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Diario Chisinau 2 – Un taxista scontroso e lo sconforto


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Dopo un decollo abbastanza movimentato arriviamo finalmente all’aeroporto di Chişinău. Passiamo i controlli più o meno in fretta e ci dirigiamo verso l’uscita, dove una macchina ci sta aspettando.

Noi avevamo il trasporto aeroporto-hotel e hotel aeroporto incluso nella prenotazione, ma si può arrivare in centro, che dista circa 10 km dall’aeroporto, anche con un taxi o, soluzione ancora più economica, con quei minibus molto usati in Moldavia e in Russia. Si tratta di furgoncini chiamati anche maxitaxi e il prezzo è di 1 leu moldavo (circa 5 centesimi di euro), contro i circa 40 del taxi (2 euro circa). Troverete pochissima gente che parli qualche lingua che non sia rumeno o russo, quindi armatevi di santa pazienza, di un dizionario o seguite un corso base prima di partire. Il mio rumeno imparato da autodidatta qualche mese prima della partenza mi è servito per la comunicazione più basilare, ma ci sono molte persone che parlano esclusivamente russo. Preparatevi.

In alternativa si può anche noleggiare una macchina prenotandola in una delle agenzie presenti in aeroporto. In Moldavia guidano come dei pazzi e la segnaletica orizzontale è pressoché inesistente. Scegliete di guidare a vostro rischio e pericolo.

Il nostro autista non era dei più allegri. Appena lo vedo esordisco con un “buna ziua!”; tutta gasata per aver detto la mia prima parola in rumeno mi aspetto, almeno, una risposta. Anche un sorriso mi andava bene. E invece niente. Zero. Il ragazzo ci fa salire sul taxi e partiamo. In auto voglio iniziare una conversazione, prendendo come spunto tutti gli alberi caduti poche settimane prima a causa di una nevicata tardiva e disastrosa. Era maggio e faceva caldo, ma meno di un mese prima questa potente nevicata aveva rotto diversi alberi. Mentre penso a cosa dire, il ragazzo alza la radio a tutto volume e capisco che forse è il caso di lasciarlo stare. Magari ha avuto una giornata no.

Arriviamo all’hotel, un po’ fuori dal centro ma in una zona tranquilla, con un supermercato proprio di fronte e diversi ristoranti nei dintorni. La receptionist parla inglese, per fortuna, e ci mostra la camera. Praticamente era un bilocale, gigante, con tv e frigo. Avevamo prenotato un hotel 4 stelle, anche se forse per gli standard italiani quello non era proprio un 4 stelle. Comunque era un gran bell’hotel e il personale è stato davvero cordiale e disponibile. Ci sistemiamo e decidiamo di andare a visitare il centro. Per fortuna mi ero stampata una cartina di Chişinău a casa, su quattro fogli A4 poi incollati con lo scotch in stile lavoretti di Art Attack. Ne avevo cercata una in diverse librerie di Firenze e online, ma niente da fare: le cartine di Chişinău sono impossibili da trovare. L’hotel ce ne ha fornita una,  ma non era accuratissima, mentre la mia, anche se bruttina da vedere, era più ampia e completa. E poi ci avevo già segnato a casa tutte le cose che volevo vedere con tutti gli itinerari.

Usciamo quindi e ci dirigiamo verso il centro. O meglio, verso quello che noi pensavamo che fosse il centro. Ci sappiamo orientare abbastanza bene, ma fuori dall’hotel ci sono almeno tre strade che portano alla strada principale e nella mappa è segnata solo quella ufficiale, a sud. Noi invece prendiamo quella a nord e facciamo un gran casino. In pratica facciamo tutto al contrario e invece di avvicinarci al centro ci allontaniamo. Non c’è niente, solo grandi edifici in stile sovietico, una fontana vuota e fatiscente e strade rotte. Ci sediamo in preda allo sconforto su un marciapiede e ci guardiamo: cosa abbiamo fatto? Ma cosa ci è saltato in mente? Come faremo a sopravvivere una settimana qui? Poi, mentre mi guardo in giro spaesata, vedo una cupola dorata. Ma quello è il monastero Ciuflea! Avevo visto diverse foto online e non vedevo l’ora di visitarlo, ma non si trovava in centro. Prendo la mia fidata cartina e mi rendo conto di dove siamo e di come ci siamo arrivati. Con l’orientamento ritrovato iniziamo a camminare verso il centro. Quello vero, questa volta.

Ormai è tardo pomeriggio quando arriviamo a uno dei parchi centrali di Chişinău. Ci sediamo in un bar e ordiniamo due frappé. Mi gaso di nuovo riuscendo a capire gli ingredienti scritti sul menù. Nella mia testa sono ormai madrelingua rumena, mentre in realtà riesco a capire sì e no i nomi di 4 frutti.

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